PROGETTAZIONE COLLABORATIVA
Spalafango — Design in emergency
2023 | DIY | Legnofresco | Firenze
L’esondazione
La notte tra il 2 e il 3 novembre nella piana fiorentina e nei comuni attraversati dal Bisenzio e da altri affluenti sono caduti oltre 200 millimetri di pioggia, il fiume è salito di più di cinque metri. Il bilancio umano, economico e territoriale è devastante. Nonostante gli effetti di una catastrofe che si abbatte su un territorio non facciano distinzioni e ci sia una sorta di ‘equità’ nella distribuzione delle atrocità generate, le cause sono invece precise e non altrettanto generalizzabili. “Cementificazione, consumo del territorio, tagli ai servizi e infine cambiamento climatico. Quanto accaduto ci ricorda l’urgenza di cambiare, di ottenere qui e ora giustizia climatica. Ma in questa lotta, dobbiamo essere tutte e tutti.” Questo lo scriveva sui propri profili social il Collettivo di Fabbrica GKN l’indomani, mentre si occupava di organizzare e coordinare le Brigate di Solidarietà Attiva (BSA), squadre di volontari che sarebbero intervenute per aiutare la popolazione di Campi a mitigare i danni dell’esondazione e a ripristinare una sorta di ‘normalità’.
Alluvione di Firenze 1966
La solidarietà e la risposta ‘dal basso’ alla catastrofe
Le BSA sono solo una – ma forse anche la più strutturata – delle numerose esperienze di volontariato che sono intervenute nella zona, senza contare tutte le persone che sono accorse come singoli.
“Come Brigate di solidarietà Attiva (Bsa), Collettivo di Fabbrica ex Gkn, K100 Camilo Cienfuegos, Centro Storico Lebowski, Soms Insorgiamo, Circolo Arci di Quinto, lavoratori Mondo Convenienza in sciopero, abbiamo istituito un coordinamento degli sforzi per gli aiuti e per i punti di maggiore bisogno. […] Da domani – sabato 4 – saremo già attive e attivi con nostre squadre di volontari a Campi Bisenzio, in una modalità che sia armoniosa e non invasiva con le squadre di soccorso già presenti. Domenica 5 diamo appuntamento a tutte e tutti, dalle h 8, presso Gkn per distribuirci poi sul territorio, a spalare, o a intervenire nei diversi punti di urgenza individuati.
“500 volontarie e volontari erano già per le strade dalle 9.30 di mattina. Altre decine rimasti al presidio per la logistica. E un via vai di centinaia di altre persone, tutto il giorno. Sotto il segno della convergenza: Brigate di Solidarietà Attiva, K100 Camilo Cienfuegos, lavoratori di Mondo Convenienza in sciopero, Cdp Quinto Alto, Cs Lebowski, Collettivo di fabbrica e tante, tanti altri ancora. Semplicemente la famiglia allargata. Consapevoli che abbiamo varcato “il confine e non si può fingere più. Le vene che pompano sangue e i nervi vanno da sé”. Questa è la frontiera per avere giustizia sociale e climatica: con la pala in mano, le casse d’acqua in macchina, una comunità in piedi, una fabbrica socialmente integrata, lo sciopero degli appalti di Mondo Convenienza, il mutuo soccorso. Ma “gli sciacalli sono sempre là”. Durante l’esondazione la proprietà non si è nemmeno fatta sentire. E invece ieri mattina, il liquidatore ha chiesto alle forze dell’ordine di intervenire per sgomberare la fabbrica, considerandola allagata e a usando come scusa un non ben precisato fenomeno di “dispersione elettrica” (!!??). Siamo allo sciacallaggio puro. Sulle nostre vite. Si commenta da sè sgomberare i lavoratori che sono in regolare turno di guardania e manutenzione in questa situazione. Le forze dell’ordine, lo sgombero, i licenziamenti, mentre noi con le vite azzerate e la solidarietà sul campo. Davano per scontato che lo stabilimento fosse allagato. Perché della fabbrica nulla sanno. Cosa invece sia tale presunta “dispersione elettrica”, siamo noi a non saperlo. Per loro sfortuna, lo stabilimento è stato impattato poco o nulla dall’esondazione. Il distacco della corrente ha interessato noi come diverse zone di Campi. Ma qua sabato mattina la corrente c’era ed era tutto funzionante. Perché evidentemente odiano questo: la solidarietà, la comunità, questo legame di viscere della “gente come noi. Ma torniamo a volare alto: nei commenti trovate ciò che è necessario fare. Facciamolo. Abbiamo tanta rabbia in corpo. Non lasciamo che ci vinca. Custodiamola, curiamola, coltiviamola. Che sia duratura nel tempo. Che sia lucida urgenza di cambiamento.”
Che il legame tra lotte sociali e solidarietà fosse già evidente (vedi ↗ articolo) ce lo aveva mostrato la pandemia, ma non pensavamo, e neanche speravamo, di aver bisogno di una riprova di questo legame. Di fronte alle emergenze, di qualsiasi natura esse siano, per fortuna affiora sempre un mondo di solidarietà che invece è solitamente fagocitato e sommerso dalla cronaca quotidiana a caccia del gossip e sempre pronta a sbattere mostri in prima pagina. Se questo sembra la normalità per chi fa parte di determinati percorsi di lotta per la giustizia sociale, non è così per tutti.
E di fronte ad una mobilitazione del genere, promossa e sostenuta da lavoratori e lavoratrici che da oltre un anno lottano per la dignità del lavoro, fa rabbrividire il cinismo aziendale che è pronto a far sgomberare la fabbrica col goffo trucco della sicurezza. E lo fa nonostante la drammaticità del momento e nonostante il lavoro fatto dalle squadre di volontari e volontarie su Campi.
Fare ciò che si può: progettare nell’Emergenza
Talvolta l’assorbimento generato dal lavoro e dalla routine crea nelle persone un distaccamento tale da porre in subordinazione questioni ben più rilevanti rispetto alle complicazioni della propria vita atomizzata. Le catastrofi, in particolar modo se geograficamente vicine, possono innescare un cortocircuito che può far pensare “ma cosa sto facendo, di fronte a tutto questo niente?”. Questo è forse il pensiero che ci ha colpiti quando è avvenuta l’esondazione a Campi Bisenzio, ed è anche uno dei motivi – insieme senz’altro alla prossimità – per cui alcuni di noi hanno aderito dal primo giorno alle squadre di volontariato attive sull’area.
Essere progettisti però implica anche una capacità di lettura dei fenomeni contingenti che dovrebbe poter condurre ad una capacità di produrre soluzioni in economia: Come possiamo renderci utile? Cosa serve? Cosa abbiamo a disposizione?
Le pale spalafango sono certamente un esempio di tentativo di risposta contingente all’emergenza verificatasi. Realizzate con materiale di magazzino, abbiamo fornito oltre 30 spalafango alle squadre di volontari per liberare le strade da fango e detriti.
Inserirsi in queste faglie emergenziali che si aprono nelle quotidianità talvolta ‘distratte’ rispetto alle più profonde emergenze della nostra società, crea in chi progetta una reticenza nel ritornare al proprio lavoro, nel ripristinare quella routine lavorativa fatta di committenze e scadenze.
Questo è quello che in questo caso è successo a noi, e che in qualche modo ci motiva a perseverare in quelle attività volte a offrire risposte ai problemi del nostro mondo malato. Non è affatto semplice, richiede di disporre di materiale, competenze e strumenti sempre diversi; è un’attività che richiede energie ulteriori rispetto a quelle che tutti i giorni impieghiamo per lavorare, però è forse anche quello che più di ogni altra cosa dà senso alla nostra professione di progettisti.